Di Salvo Barbagallo
C’è un rimbalzare (più o meno) allarmistico di notizie riguardanti la presenza di “navi russe” che, doppiando domenica scorsa Gibilterra, sono entrate nel Mediterraneo: le “informazioni” sono state fornite anche da giornali locali (leggasi regionali siciliani) che (sempre più o meno) hanno mostrato (e suscitato?) preoccupazione per questo particolare evento militare “made Putin”.
Giovanni Caprara su “Notizie Geopolitiche” descrive chiaramente la consistenza della flotta russa (sei navi, delle quali tre unità, due della classe Ropucha, la Olenegorskiy Gornyak e la Georgiy Pobedonosets, e dalla più grande Pyotr Morgunov, classe Ivan Gren, progettate per sbarcare carri armati e fanteria: sono in grado di creare una testa di ponte con 60 tanks e 1.500 marines) mostrando e dimostrando come questa “intrusione” navale nell’ex Mare Nostrum sia stata monitorata dalle forze NATO sin dalla sua partenza il 15 gennaio scorso “da Severomorsk, base strategica della Flotta del Nord, e da Baltijsk nel Mar Baltico”.
Non solo. Il naviglio russo viene seguito costantemente da domenica scorsa anche con i mezzi di stanza a Sigonella: dai pattugliatori statunitensi Boeing EP-8 Neptune e dai P-72 dell’Aeronautica militare italiana.
Non solo. Come informa Caprara: “… un incrociatore statunitense nell’Atlantico; francesi e britannici si sono alternati nella Manica; poi un velivolo P-3 Orion portoghese; quindi fregate spagnole e francesi all’ingresso del Mediterraneo e un caccia tedesco le ha sorvolate sulle acque antistanti Lampedusa…”.
Non solo. “… A poche ore di navigazione dalla squadra navale di Mosca, la portaerei USS Harry S. Truman, CVN-75, è al comando di un Gruppo da Battaglia a contrasto delle unità russe. Il Carrier Group è composto da incrociatori statunitensi, una fregata norvegese e velivoli dell’Alleanza…”.
La preoccupazione – se così si può definire – viene spiegata dalla circostanza che Il Mediterraneo è considerato un secondo fronte della crisi russo-ucraina, e che quindi “la contrapposizione della NATO, è proporzionata alla provocazione russa, infatti tre gruppi da battaglia, compresa la Truman, la De Gaulle francese e la Cavour italiana con una decina di navi da guerra e due sottomarini nucleari, sono in navigazione in stato di allerta”.
In questi giochi di guerra (?), come informa dettagliatamente Caprara, l’Italia è in campo con “la fregata Fremm Carlo Margottini e il cacciamine Viareggio, per un totale di oltre 200 marinai e un costo di oltre 17 milioni di euro, secondo fonti Milex. L’Aeronautica Militare ho rischierato una squadriglia di quattro caccia Typhoon, la ‘Black Storm’, e 140 uomini in una base aerea rumena nei pressi di Costanza, vicinissimo al confine ucraino, e fino ad aprile pattuglierà quotidianamente i cieli del Mar Nero. La missione di ‘polizia aerea rafforzata’ è stata finanziata nel 2021 con oltre 33 milioni di euro e può essere incrementata fino a 12 aerei e 260 uomini. In Lettonia, nell’ambito della missione NATO “Baltic Guardian”, l’Esercito Italiano schiera oltre 200 alpini della Brigata Taurinense con decine di carri armati ruotati Centauro e cingolati da neve. Sono parte di un Battle Group di oltre 1.200 soldati a comando Canadese con base a nord di Riga. La missione ha ricevuto oltre 27 milioni di finanziamento nel 2021”.
Insomma non c’è che dire, “preoccupazioni” a parte…
Forse più che dire qualcosa di nuovo, si dovrebbe ricordare qualcosa del passato e del presente. Quel passato che veniva definito “Guerra fredda” quando nel Mediterraneo si fronteggiavano in permanenza la flotta dell’URSS forte di una quarantina di navi, la VI Flotta USA e la Flotta NATO con un numero di navi sicuramente superiore a quello sovietico. In quel periodo dimenticato l’Aeronautica militare Italiana a Sigonella schierava il 41° Stormo con gli Atlantic in funzione Antisom. Il tempo presente non ha più l’URSS come nemico dichiarato, ma la Russia di Putin. Non si ricorda, però, che il Mediterraneo vede ancora oggi schierata la Sesta Flotta USA con base l’Italia, la Naval Air Station a Sigonella che ha accresciuto a dismisura la sua funzione con i droni d’ultima generazione e l’intero apparato militare ulteriormente potenziato, il MUOS di Niscemi, la postazione navale di Augusta e tutte le altre più o meno note installazioni militari USA sparse nel territorio siciliano.
Certo la crisi “Ucraina” allarma, e pertanto allarma il “passaggio” mediterraneo di navi russe nel delicato momento storico che Europa e Stati Uniti stanno attraversando, ma perché non dire allora che il “pericolo” è una costante del Mediterraneo e, in particolar modo, della Sicilia? Non è un po’ strano che mass media nazionali e locali avvertano il “pericolo” solo adesso?
Nella foto, la portaerei statunitense USS Harry S. Truman